martedì 14 gennaio 2014





Tonino Guerra, poesie e racconti.





Fa la neve

Fa la neve sulle foglie
e sulle penne degli uccelli
che vengono a battere nei vetri
per domandare qualcosa.

Tutti i mandorli della casa
scricchiolano come mangiassero sementi.













Le nuvole

Due giorni fa guardavamo il tramonto
con tutte quelle nuvole rosa
che viaggiavano nel cielo. Mi hai preso
a braccetto e intanto che attraversavamo
il giardino mi hai  domandato se mi ero accorto
che anche noi siamo quelle nuvole.











Bisogna stare in un posto
dove le parole diventano
foglie e così possono rubare
i colori alle nuvole e
dondolare al vento.









La farfalla

Contento proprio contento
sono stato molte volte nella vita
ma più di tutte quando mi hanno liberato
                                             in Germania
che mi sono messo a guardare una farfalla
senza la voglia di mangiarla.












C' è stato un giorno a Mosca
che ho trovato mia moglie seduta
davanti ad un vaso di rose appassite
e ogni tanto cadeva un petalo e lei stava a sentire
quando toccava il legno della tavola che era come un soffio nel      silenzio  
grande che avevamo dentro di noi






Le lucciole.

Larissa; la moglie di Tarkovskij; si era accorta; quando si muoveva per i boschi lungo il fiume poco lontano dalla dacia di campagna; che diversi animali selvatici non si muovevano se gli passava accanto.
Una volpe addirittura si era messa a seguirla e le toccava le sottane.
Una mattina presto un uccello si fermò sulla sua testa e lei lasciò che stesse a godersi il mondo da lì sopra. 
Una notte di maggio si accorse che tutte le lucciole del bosco stavano formando una nuvola di puntini luminosi attorno a lei ma d'improvviso si spensero tutte assieme.
Larissa alzò una mano per controllare se tutte quelle lucciole si fossero allontanate.
Scoprì che nell'aria erano sospesi dei frammenti di materia viva come se nel palmo della mano avesse raccolto dei granelli palpitanti. E d'improvviso le lucciole ripresero a creare mille schegge di luce quasi si fosse trattato di un magico gioco.

da Racconti








Un incontro con le ombre.

Il Grand Herbier d'Ombres mi è arrivato quando a Pennabilli cominciava a nevicare e io stavo con gli occhi a guardare la neve che cadeva sui mandorli attorno a casa. E' un libro con le ombre di moltissime erbe di campagna dipinte dalla signora Lurdes De Castro; la grande artista portoghese che ritrae soltanto le ombre di persone o di altre forme di di vita. Così io guardavo i ricami della neve e subito dopo le pagine del libro. A un certo punto; nel bianco della valle ho visto delle macchie scure che salivano dalla mia memoria.

L'agosto di nostalghia.

Erano le ombre che passavano sul soffitto della mia camera da letto nel giorno del mio ritorno dalla prigionia in Germania e io cercavo di riconoscere in quei riverberi i miei paesani. Poi la valle oltre la finestra mi è apparsa attraversata dalla grande ombra dell'obelisco di Piazza San Pietro che io vidi in una giornata quando ho trovato Roma completamente deserta. Ho capito dopo che i turisti stavano al fresco delle ombre e se ne erano ammassati tanti in quella dell'obelisco. D'improvviso ho pensato ai bei giorni d'agosto con Ndrej Tarkovskij quando lavoravamo alla scenoggiatura di Nostalghia a Bagno Vignoni. Il piccolo borgo toscano ha la piazza formata da una vasca d'acqua calda così da creare nuvole di vapore che annebbiano quel mondo medioevale. E' in queste acque che Caterina di Siena bagnava il suo corpo e le parole delle sue preghiere. Una mattina entriamo nella chiesuola sul bordo della strada che gira attorno alla grande vasca. Sediamo su una panca di legno per godere quel silenzio abbandonato. Scopriamo che il fascio di luce mattutina proveniente da una finestra alta stampava sulla parete interna accanto a noi; una piantina selvatica cresciuta sul terriccio portato dal vento sotto la piccola vetrata. Un cespuglio d'ombre incerte che diventava decorazione su quell'intonaco gessoso e umile.

La magia di un muro.

Io e Andrej siamo rimasti a lungo a guardare questa immagine tremante che ci faceva arrivare riflessioni profonde. A un certo punto ci è sembrato che nell'aria ci fosse un profumo di menta. Subito ci alziamo per annusare quell'immagine sul muro e capire se l'odore veniva da quell'ombra. Ci parve che fosse proprio così. Ed è per questo che; adesso; ho avvicinato al naso le ombre della pittrice Lurdes De Castro che hanno una presenza viva e misteriosa da far crescere magici pensieri a chi le guarda.

da Racconti di Tonino Guerra






L'odore dell'erba Luisa.

Sono arrivato nella "zona delle piume" una domenica mattina. Avevo voglia di muovermi in un mondo poco frequentato. Seguo viottoli incerti e spesso pericolosi che segnano cupe gibbosità a volte coperte da cespugli di bacche selvatiche, a volte, invece, sono brulle e segnate da sentieri creati da animali in cerca di erba. Sapevo che una donna anziana raccoglieva le piume degli uccelli per farne dei materassi rustici da vendere nelle fiere di montagna. Riesco a trovare la vecchia e le chiedo se mi accompagnava nella chiesuola costruita all'inizio del secolo dai carbonai. Passiamo accanto a ruderi e casolari abbandonati dove l'aria è quasi sempre punteggiata da piume e penne: o perchè strappate da galline e piccioni da chi vive sulla cresta dei monti o sono piume che gli uccelli perdono quando cambiano la muta nel cielo di questo mondo separato. Ogni tanto costeggiavamo colline di crosta di pietra friabile che si frantumava col sole e con soffi di vento. Così il materiale granuloso che rotolava giù per la collina creava delle piccole piramidi di frantumi lungo la strada che scendeva fino al ponte di Sestino. Dovevamo raggiungere la parte di roccia chiara che nel mese di luglio riverbera nella valle la luce della luna piena che batte su quella facciata creando una luminosità particolare. Superiamo questa parte dura e camminiamo lungo una fessura sassosa che ci fa arrivare in uno spiazzo d'erba su cui stavano in bilico farfalline bianche che si alzano subito in volo. La chiesuola era circondata da un gruppo di cerri che arrivavano fino al torrente sassoso. Una bava di vento scendeva lungo la spaccatura dei monti e accarezzava i muri della vecchia costruzione. Era stata costruita, come ho già detto, dai montanari che un tempo producevano carbone per tutta la valle. 
La vecchia che mi accompagnava apre la porta della chiesa chiusa da un bastone orizzontale. Non ho visto subito l'interno. Mi è arrivato un odore di limone e solo quando mi sono affacciato a guardare scopro, con meraviglia, che il pavimento era formato da un tappeto verde d'erba Luisa, che si muoveva leggermente per lo sbuffo di vento che oltrepassava la finestrella posteriore. Non c'era niente altro, solo quelle foglie. " Tutte le domeniche, mi confida la vecchia, io mi inginocchio all'esterno e respiro l'odore di limone che mi tiene in un'aria di devozione. E' la mia Messa. Le foglie verdi diritte sul pavimento stanno in salute tutto l'anno perché dalla piccola finestra arrivano anche spruzzi di pioggia che inumidiscono il terreno". " Chi ha piantato quelle foglie?", chiedo incuriosito. La vecchia riempie gli occhi di incertezza. Comunque risponde: " Devo dire che le foglie muoiono e ricrescono. C'è qualcuno che vuole così, non so chi è.

da Racconti di T. Guerra










Nessun commento: