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Di Bertino e della nonna Adele ( 32 )
Bertino ricordava quando la Giorgina tirava fuori, da una madia della cucina, con gesti misurati, come fosse un rito sacro, una tazza coperta da un tovagliolo bianco e il momento in cui, tolto il tovagliolo, si spandeva tutt'intorno un profumo strano che colpiva il suo olfatto e si imprimeva nella memoria;
all'interno della tazza c'era una palla di pasta bianca un po' infarinata con sopra un taglio a forma di croce.
Bertino era così affascinato da questo mistero, che aveva voluto imitare la nonna in questo rito che vedeva ripetersi tutte le settimane, per cui, con la sua fida Nenè, un giorno aveva deciso di fare il pane.
Avevano perciò raccolto, nel campo di grano della Giorgina, diverse spighe e dopo averle pulite, avevano macinato faticosamente i chicchi, con un vecchio macinino da caffè recuperato in cantina;
con questa farina poi, avevano impastato una pagnottella con sale e acqua, senza dimenticare la croce sopra, anche se nessuno dei due ne aveva capito il significato.
Ma c'era qualche cosa che a Bertino era sfuggita: il concetto del lievito; quindi questo pane, una volta cotto nel forno della nonna, risultava della consistenza della pietra.
Tuttavia Nenè, aveva tentato di mangiarne un pezzo, facendosi male ai denti e comunque gli aveva detto che era buonissimo, anche perchè per lei, quello che faceva Bertino era sempre così sorprendente, che non si sarebbe mai sognata di dispiacerlo, dicendogli che era immangiabile.
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